Le cave di Perlato di Sicilia sono la risorsa principale nell’economia del territorio custonacese.
Secondo bacino marmifero al mondo dopo quello di Carrara, Custonaci è città internazionale dei marmi.
LA STORIA
Le prime testimonianze dell’attività estrattiva nel bacino di Custonaci si segnalano a partire dal 1500 fino a tutto il periodo barocco.
Il libeccio antico che è il marmo di più antica estrazione a Custonaci, grazie alle sue qualità policrome fu largamente impiegato in luoghi di culto cristiano. Lo ritroviamo infatti nella basilica di San Pietro a Roma, nella cappella medicea di Firenze, nei duomi di Pisa, di Lucca e di Arezzo.
In Sicilia, invece, venne impiegato per la creazione di veri e propri merletti di marmo. Troviamo qualche esempio nella cappella del Crocefisso a Monreale e in diversi luoghi di culto a Palermo.
L’impiego dei marmi custonacesi nel tempo, fu limitato alle modeste esigenze del mondo rurale siciliano, interessando la realizzazione di gradini, soglie e davanzali. I ceti sociali più elevati, nella costruzione delle loro abitazioni, invece impiegavano i più apprezzati, solo perchè meglio conosciuti, marmi di Carrara. Questa predilezione però, fu destinata a diminuire quando con la II guerra mondiale divenne più difficile gestire i contatti tra la Sicilia e il resto d’Italia. Fu a questo punto che l’impiego dei materiali lapidei presenti in loco divenne l’unica possibile alternativa. Crebbe dunque la richiesta del prodotto da impiegare nell’edilizia moderna, ciò sancì il decollo dell’industria marmifera del territorio di Custonaci.
LA LAVORAZIONE
Inizialmente, il blocco di marmo veniva staccato dal costone praticando dei fori allineati ad una certa distanza dal bordo e nei quali veniva inserito lo “spaccaroccia” d’acciaio, il quale grazie all’effetto della moltiplicazione delle forze provocava una pressione tra le due parti opposte ai fori, e staccava la porzione di pietra delineata. Un altro procedimento prevedeva invece l’impiego di “cugni” di legno introdotte nelle naturali insenature della montagna. Questi cugni, una volta bagnati, si gonfiavano permettendo il distacco della pietra.
Negli anni, vennero messe a punto altre tecniche di estrazione, grazie all’impego degli esplosivi, del filo elicoidale per giungere fino al più attuale filo diamantato.
In quest’ultimo caso, la roccia viene tagliata dal filo diamantato in modo da ricavare le cosidette “fette” generalmente di 8 m di altezza, 3 m di larghezza e 12 m di lunghezza.
Le fette vengono asportate con gli escavatori e con appositi macchinari e vengono ridotte in misure standard per la successiva lavorazione presso gli appositi opifici.
E’ in questi luoghi che i blocchi di marmo vengono tagliati mediante seghe a disco diamantato ed infine lucidati.
Le lastre di marmo pronte vengono imballate in casse di legno e caricate per essere portate a destinazione.
IL MERCATO E IL CONSORZIO PERLATO SICILIA
L’ 80 % del marmo estratto nel territorio custonacese viene esportato all’estero.
I maggiori paesi stranieri esportatori sono i paesi arabi e dell’oriente (Kuwait, India, Singapore), quelli europei, nord-americani e gli stati africani come il Marocco, la Libia e l’Algeria.
Nel 1993, per salvaguardare e tutelare il settore marmifero, nasce il consorzio “Perlato Sicilia”, una cooperativa di trenta imprese circa che ha un unico scopo: valorizzare e salvaguardare la risorsa principale dell’economia custonacese.
LE VARIETA’ DI MARMO
Il marmo più diffuso e commercializzato è sicuramente il “Perlato di Sicilia”.
Il Perlato è caratterizzato da un fondo avorio chiaro con tonalità più o meno scure e con screziature bianche che si ricava principalmente nella zona a sud-est del Monte Cofano.
Altre importanti varietà sono il Perlatino di Sicilia, il Botticino, il Libeccio, il Brecciato e l’Avorio venato.
LE CAVE DI MARMO
Come si svolge il lavoro nelle cave di marmo di Custonaci?
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